La pazienza di girare per almeno un'ora quel miscuglio di acqua e farina dentro al paiolo di rame sul fuoco è sicuramente complice del freddo rigido di fuori.
La linea del termometro è sotto lo zero, anche se potrebbe ingannare il sole sulle Alpi nitide all’orizzonte. Nella valle dove scorre l’Adda, a monte del lago di Como, sembra che le case di legno e pietra dal tetto spiovente si siano avvicinate in piccoli gruppi per farsi calore. La neve assorbe i rumori di fuori, lasciando spazio allo scoppiettio della legna nel camino. Chi rimesta la polenta ha le mani secche e arrossate e aspetta il risveglio della primavera, annunciato dai campanacci suonati dalla gente per le strade sin dal primo disgelo.
La Valtellina è il luogo di nascita della polenta taragna, una pietanza antica preparata con farina di mais e grano saraceno, che non è propriamente un grano e così, per sottolinearne la diversità, la gente del posto lo chiama frumentùn o fraina. Cresce col clima freddo e soleggiato delle alture della Valtellina, dove per secoli è stato l’unico ingrediente della polenta, prima che arrivasse il mais dall’America, di cui ci si concedeva appena una spolverata nel miscuglio scuro di acqua e frumentùn. E quando era festa, la taragna si accompagnava a formaggi locali come il bitto e il casera, sciolti all’ultimo nel calore dell’impasto.
Nel paese di Teglio, che dà il nome alla Valtellina, la famiglia Filippini preserva da tre generazioni il genius loci della polenta taragna, producendo farine ed alcuni dei suoi più tipici derivati.
Break Design ha realizzato il packaging della polenta Filippini con un occhio di riguardo all’identità culturale del contenuto: una modernissima finestratura trasparente mostra la farina o la pasta al suo interno, e lascia la vista soffermarsi sulle immagini in bianco e nero di Alpi innevate, cielo terso e spighe di grano, che raccontano i valori legati a questi prodotti così semplici, così ricchi.